L’Assegno di Mantenimento
L’assegno di mantenimento in favore del coniuge più debole
Con la separazione, sia essa consensuale o giudiziale, il vincolo matrimoniale non viene sciolto ma semplicemente sospeso.
Sintesi dei Contenuti
In sostanza si congelano quei doveri di assistenza morale e di collaborazione, ma rimane attivo il dovere di assistenza materiale. E’ proprio in virtù del dovere di assistenza materiale che il coniuge ritenuto “più debole”, ovvero privo di propri redditi o comunque titolare di redditi insufficienti a far fronte alle proprie necessità, avrà diritto a vedersi riconosciuto l’assegno di mantenimento da parte dell’altro coniuge.
E’ bene evidenziare che anche qualora sussistano i relativi requisiti economici, l’assegno di mantenimento non è dovuto nei confronti del coniuge a cui sia stata addebitata la separazione, al quale, ricorrendone i presupposti, può essere riconosciuto solo il diritto agli alimenti, cioè a ricevere periodicamente una somma di denaro nei limiti di quanto necessario al suo sostentamento.
L’assegno di mantenimento, il cui importo viene determinato dagli stessi coniugi nella ipotesi di separazione consensuale ovvero dal giudice nella sentenza di separazione giudiziale, altro non è quindi che una somma in denaro (o una voce di spesa), generalmente corrisposta con cadenza mensile, utile a riequilibrare le reali capacità economiche dei coniugi separati, tale dunque da garantire al coniuge economicamente debole e/o svantaggiato, un sostegno economico.
L’assegno di mantenimento in favore dei figli minori
Differente è invece la natura dell’assegno di mantenimento dovuto in favore dei figli. Il codice prevede infatti che i coniugi separati o divorziati provvedano comunque al dovere di sostentamento dei figli.
L’assegno di mantenimento in favore dei figli minori viene determinato tenendo in considerazione non solo infatti la situazione economica dei genitori ma soprattutto le esigenze dei figli, ciò nel loro preminente e superiore interesse.
Nella separazione consensuale saranno gli stessi genitori, supportati dall’avvocato, a stabilire un’equa distribuzione dei doveri nei confronti dei figli e quindi anche la misura dell’assegno di mantenimento in loro favore, prendendo in considerazione tutta una serie di elementi, quali ad esempio le sostanze economiche di ciascuno, il tempo di permanenza del minore presso ciascun genitore, l’assegnazione della casa coniugale, l’età e quindi le specifiche esigenze del minore.
I genitori sono altresì tenuti a partecipare, generalmente ella misura del 50% ciascuno, alle spese straordinarie che dovessero rendersi necessarie per i figli (spese mediche quali dentista, scolastiche quali gite, di svago etc).
Anche l’assegno di mantenimento in favore dei figli è soggetto ad adeguamento Istat (che opera automaticamente) e revisione nella ipotesi di modifiche delle iniziali condizioni (per la quale è necessario depositare apposito ricorso, anche congiunto, presso il Tribunale competente).
La legge consente tutta una serie di tutele anche nel preminente interesse dei figli minori, affinché l’assegno di mantenimento disposto venga poi concretamente corrisposto, ciò nelle ipotesi nelle quali il genitore obbligato non vi provveda effettivamente.
La violazione dell’obbligo di corrispondere il mantenimento, ferma la responsabilità di natura penale (art.570 c.p. violazione degli obblighi di assistenza familiare), ha conseguenze anche di natura civilistica.
Il codice civile ha introdotto strumenti specifici per tutelare il diritto di credito al mantenimento del coniuge avente titolo per sé o per i figli. Il giudice può disporre infatti il sequestro dei beni, oppure sempre su specifica richiesta sarà possibile agire per ottenere il pagamento diretto al datore di lavoro, oppure con il pignoramento dello stipendio, fino alla ipotesi, ricorrendone i presupposti, di contribuzione a carico dei nonni ai sensi dell’art.148 c.c..
L’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne
Si è spesso convinti che il raggiungimento della maggiore età dei figli comporti automaticamente la perdita del dovere di corrispondere l’assegno di mantenimento.
In verità il mero compimento del 18°anno non estingue il diritto al mantenimento da parte del figlio almeno sino a quando non sopraggiunga la completa indipendenza economica.
L’obbligo di assistenza materiale dei genitori si protrae quindi almeno sino a quando il figlio non sia in grado di occuparsi autonomamente del proprio sostentamento e ciò grazie ad un lavoro adeguato alle sue capacità e alle sue prospettive di crescita professionale.
Va comunque sottolineato che qualora il Giudice accerti una ingiustificata inoperosità del figlio nel cercare di rendersi economicamente indipendente, il Tribunale potrà revocare il diritto al ricevimento dell’assegno di mantenimento. Ciò anche nelle ipotesi in cui si dimostri che il figlio maggiorenne sia stato messo nelle condizioni di rendersi autonomo e non abbia saputo o voluto, per colpa e volontariamente, ottenere una definitiva indipendenza economica.
Tuttavia affinché il dovere del genitore di corrispondere il mantenimento si estingua o muti è necessario ricorrere al giudice, posto che il solo inizio di una attività lavorativa da parte del figlio non comporta l’automatica perdita del diritto.
Con il compimento della maggiore età dei figli molti genitori sono convinti di poter corrispondere l’assegno direttamente nelle mani del figlio e non più del coniuge o ex coniuge.
Anche questo è un grave e comune errore.
Anche in questa ipotesi per versare l’assegno direttamente nelle mani del figlio e non del coniuge o ex coniuge sarà necessario richiedere apposita autorizzazione al giudice, che valutate le circostanze né autorizzerà o meno il pagamento diretto.
Calcolo dell’assegno di mantenimento
Nell’ipotesi di separazione consensuale sono gli stessi coniugi, aiutati dall’avvocato, a stabilire tra i vari punti dell’accordo, anche l’importo dovuto per l’assegno di mantenimento, limitandosi il Tribunale alla verifica della effettiva equità dell’accordo, soprattutto in tutela dell’interesse di eventuali figli.
Quando invece è il giudice ad essere chiamato a valutare l’entità dell’assegno di mantenimento per il coniuge, egli deve tener conto non solo dei redditi che derivano dall’attività lavorativa del richiedente, ma anche delle proprietà immobiliari, della disponibilità della casa coniugale e di eventuali investimenti o ulteriori fonti di ricchezze.
Un altro elemento che deve essere valutato è l’attitudine a lavorare da parte del coniuge che richiede l’assegno: il giudice, infatti, dovrà considerare se quest’ultimo abbia la possibilità di svolgere attività lavorativa retribuita tenendo conto di tutta una serie di fattori quali l’età, l’esperienza lavorativa, le condizioni di salute, il tempo che è intercorso dall’ultima prestazione di lavoro e, sulla base di queste valutazioni, può disporre una diminuzione dell’assegno. Il giudice accerta altresì il tenore di vita goduto dai coniugi nel corso del matrimonio e verifica se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente possano consentire di mantenere quel livello di vita goduto in costanza di matrimonio stabilendo in caso contrario sia la corresponsione dell’assegno stesso sia l’importo utile a equilibrare la disparità.
Per la determinazione dell’assegno di mantenimento è quindi fondamentale ricostruire l’effettiva entità patrimoniale dei coniugi, che non si limita quindi ai soli introiti economici (si pensi allo stipendio) ma che tiene conto anche di canoni di locazione eventuali altre proprietà immobiliari ivi compreso l’uso e l’assegnazione della casa coniugale.
Il giudice quindi una volta ricostruito il patrimonio familiare, verificherà l’incidenza di eventuali altre spese, quali canoni di locazione a carico del coniuge non assegnatario, spese relative a ratei di mutuo o finanziamenti ancora in corso etc. Verificato l’effettivo patrimonio netto il giudice determinerà quale sia l’importo congruo, sia in relazione alle necessità del coniuge svantaggiato, sia in relazione alle effettive possibilità/disponibilità economiche del coniuge che deve corrisponderlo.
L’ammontare dell’assegno sarà quindi differente nel caso in cui il coniuge richiedente non disponga di alcuna fonte di reddito da quella nella quale il coniuge richiedente l’assegno disponga di redditi propri non adeguati ovvero di redditi che pur bastando a garantire un minimo di autosufficienza economica, non consentono di mantenere lo stesso tenore di vita precedente la rottura del matrimonio.
Nella prima ipotesi quindi, in presenza di situazioni reddituali medie del coniuge che deve pagare l’assegno di mantenimento (operaio/impiegato; € 1.200,00 / € 1.600,00 mensili per 13 o 14 mensilità), e in assenza di altre condizioni valutative (ad esempio: proprietà immobiliari molteplici; depositi o conti correnti di non scarsa entità), la liquidazione dell’assegno è la seguente:
- con assegnazione della casa coniugale: assegno pari a circa 1/4 del reddito del coniuge obbligato (cioè da € 300,00 a € 400,00 circa)
- senza assegnazione della casa coniugale: assegno pari a circa 1/3 del reddito del coniuge obbligato (cioè da € 400,00 a € 535,00 circa)
Nel caso si percepiscano mensilità aggiuntive oltre la tredicesima o nella ipotesi di premi fissi annuali sarà possibile integrare l’assegno in misura proporzionale.
Nella seconda ipotesi invece, supponendo che il coniuge richiedente presti attività lavorativa part-time che producendo un reddito modesto, ad esempio 600 euro mensili, la liquidazione dell’assegno di mantenimento potrebbe essere effettuata in questo modo:
- con assegnazione della casa coniugale: 1/4 del reddito del coniuge obbligato cioè 1/4 di € 1.200,00 (o € 1.600,00) – € 600,00
- senza assegnazione della casa coniugale: 1/3 del reddito del coniuge obbligato cioè 1/3 di € 1.200,00 (o € 1.600,00) – € 600,00.
La determinazione dell’assegno di mantenimento al coniuge viene altresì influenzato dalla presenza o meno di figli minori e/o economicamente autosufficienti, ciò in quanto la corresponsione di un separato e autonomo assegno di mantenimento in loro favore, incide inevitabilmente sull’ammontare complessivo dell’entità patrimoniale del soggetto obbligato a corrisponderlo.
Revisione dell’assegno di mantenimento
È possibile chiedere una revisione (ovvero modifica) dell’assegno di mantenimento, nei casi nei quali si verifichi un obiettivo mutamento della situazione reddituale dei coniugi.
I mutamenti possono riguardare la sfera economica sia di chi riceve l’assegno che di chi è invece obbligato a corrispondere l’assegno di mantenimento stesso.
Può infatti verificarsi l’ipotesi nella quale si verifichi un notevole incremento dei redditi di uno dei coniugi, ad esempio perché erede di un ingente patrimonio, oppure perché il coniuge svantaggiato trova un attività lavorativa migliore e/o comunque in grado di consentire il suo pieno e autonomo soddisfacimento; oppure si verifichi l’ipotesi contraria ovvero un deterioramento della situazione economica di uno dei coniugi, ad es.: perdita del lavoro.
In queste ipotesi sarà possibile richiedere al giudice la modifica delle condizioni della separazione o del divorzio affinché l’assegno venga rideterminato, aumentandone o diminuendone l’importo, in base alla nuova situazione patrimoniale.
La modifica delle condizioni della separazione può essere richiesta non solo nelle ipotesi di mutamenti che riguardino la sfera economica ma anche rispetto agli altri punti dell’accordo o della sentenza, anche quindi rispetto ai provvedimenti riguardanti i figli (assegno di mantenimento in loro favore, affidamento dei figli).
L’assegno di mantenimento, sia a favore dell’altro coniuge sia a favore dei figli, è rivalutato annualmente secondo gli indici Istat.
L’assegno di mantenimento e la nuova famiglia
Spesso ci si chiede cosa accade se chi paga il mantenimento forma una nuova famiglia, magari dalla quale nascono anche dei figli, e cosa accade invece se a formare la nuova famiglia è il coniuge che percepisce il mantenimento.
La formazione di una nuova famiglia di fatto, da parte del coniuge obbligato a corrispondere l’assegno di mantenimento, non determina in nessun caso, neppure nella ipotesi nella quale dalla nuova unione siano nati dei figli, la sospensione e/o comunque l’estinzione dei suoi doveri di assistenza materiale.
La convivenza more uxorio potrà influire solamente su una nuova quantificazione dell’importo dell’assegno di mantenimento, che tenga conto del miglioramento o del peggioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligato a corrisponderlo.
Nel caso sia il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento a costituire una nuova famiglia, l’inizio di una relazione stabile che incida favorevolmente sulla condizione economica, tanto da ridurre o addirittura annullare il suo stato di bisogno, può legittimare il coniuge debitore a richiedere una riduzione se non la sospensione dal pagamento dell’assegno di mantenimento.
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